Cari amici locandieri,
i sono piatti che non hanno bisogno di presentazioni, perché quando arrivano in tavola parlano da soli. I calamari ripieni alla teramana sono uno di quei capolavori che non si limitano a saziare: sanno evocare ricordi, accendere emozioni, riportare il mare e la terra d’Abruzzo nello stesso piatto.

Una tradizione che nasce dal mare e dalla terra
Pensiamo ai pescatori che, di buon mattino, calavano le reti nell’Adriatico. Tornavano a riva con il bottino: calamari, seppie, triglie, e quel pescato che la giornata aveva deciso di regalare. Non tutto veniva venduto al mercato: i calamari, soprattutto i più piccoli o quelli un po’ imperfetti, finivano spesso nelle cucine delle famiglie. E lì le donne, con l’ingegno che caratterizza la nostra terra, li trasformavano in un piatto nobile grazie a un ripieno fatto di pane, erbe, formaggio e qualche pezzetto di carne avanzata.
Non era solo un modo per non sprecare nulla: era un rito. Il pane raffermo, sbriciolato a mano e ammorbidito con latte o uova, diventava la base di un ripieno che profumava di casa. A Teramo si usava arricchirlo con pecorino grattugiato, prezzemolo fresco e, quando c’era, un trito di prosciutto o mortadella. Così, in un solo boccone, si univano il sapore dolce del calamaro e la forza decisa della cucina contadina.

Il segreto del sugo che conquista tutti
Ma il vero colpo di scena era il sugo. In Abruzzo non esiste piatto che non trovi la sua consacrazione in un buon pomodoro. I calamari ripieni venivano immersi in un tegame di terracotta con olio, aglio e passata casalinga. E lì lasciati cuocere lentamente, a fuoco basso, fino a quando il profumo invadeva tutta la casa. Quel sugo non era un semplice condimento: diventava protagonista di un secondo piatto e, nello stesso tempo, il compagno perfetto per un bel piatto di pasta fatta in casa. “Due piatti in uno”, dicevano le nonne, e in effetti avevano ragione: prima la pasta condita con il sugo dei calamari, poi i calamari ripieni come secondo. Nessuno si alzava da tavola insoddisfatto.
La ricetta dei calamari ripieni
quantità indicative per 4 persone.
Per i calamari
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8 calamari medi interi (tubi puliti + tentacoli), circa 800–1.000 g puliti.
Nota: usa i tentacoli tritati nel ripieno per più sapore.
Per il ripieno
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150 g di mollica di pane raffermo (o pane casereccio) ammollata nel latte e strizzata
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80–100 g di pecorino grattugiato (pecorino abruzzese, o mix pecorino+parmigiano)
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70–100 g di mortadella o prosciutto cotto tritato finemente (facoltativo, ma tradizionale in molte versioni teramane)
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1 uovo (per legare)
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1 manciata abbondante di prezzemolo fresco tritato
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1 spicchio d’aglio molto tritato o schiacciato (facoltativo)
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scorza grattugiata di 1 limone (facoltativa, dà freschezza)
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pangrattato q.b. (per regolare la consistenza del ripieno)
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sale e pepe nero q.b. (attenzione al sale: il pecorino è sapido)
Per la cottura e il sugo
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400–500 ml di passata di pomodoro o pomodori pelati schiacciati
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3–4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
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1 bicchiere di vino bianco secco (facoltativo, per sfumare)
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1 foglia d’alloro (facoltativa)
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un pizzico di peperoncino (se piace)
Piccole note pratiche
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Il ripieno deve restare morbido ma abbastanza compatto da poter essere inserito nei tubi: regola con pangrattato o mollica se è troppo umido.
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Chiudi i calamari con uno stecchino o cucili con filo da cucina.
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I calamari vanno cotti lentamente nel sugo, a fuoco basso, per permettere al ripieno di insaporirsi senza indurire il calamaro.
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Il sugo avanzato è perfetto per condire una pasta: la tradizione vuole prima la pasta, poi il secondo.
Una scena da ricordare
C’è chi ancora ricorda i pranzi della domenica a Teramo: i bambini che correvano in cortile e, attratti dall’odore che usciva dalla finestra, si avvicinavano piano piano al tegame. Bastava distrarsi un attimo, e una fetta di pane spariva misteriosamente, intinta di nascosto nel sugo rosso fuoco. Le madri facevano finta di non accorgersene, sapendo che quella “scarpetta rubata” era il più grande complimento che si potesse ricevere.
Oggi, come allora
Alla Taverna Ferretti, quando prepariamo i calamari ripieni alla teramana, non ci limitiamo a seguire una ricetta: ricreiamo un’atmosfera. Ogni ingrediente ha un suo perché, ogni gesto è un piccolo atto d’amore. Il pane non deve essere troppo fresco, il pecorino deve avere la giusta stagionatura, il calamaro va pulito con pazienza e il sugo deve avere il tempo di raccontare la sua storia. Non è un piatto veloce: è un piatto che chiede attenzione, lentezza, rispetto. E proprio per questo conquista chi lo assaggia.
Un invito a tavola
E allora, cosa troverete nel vostro piatto quando verrete da noi? Calamari morbidi e succosi, ripieni di sapore, immersi in un sugo che chiama la scarpetta e che non delude mai. E se vi va, chiedete di provarlo con la pasta: scoprirete cosa significa davvero portare in tavola l’Abruzzo.
Perché in fondo la cucina è questo: unire il mare e la terra, il passato e il presente, il gesto della nonna e quello dello chef. I calamari ripieni alla teramana sono la nostra promessa di continuità, il modo più sincero per dire “benvenuti a casa”.
👉 Prenotate il vostro tavolo alla Taverna Ferretti e lasciate che questa ricetta vi racconti la sua storia, proprio come fa da generazioni.
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