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Il pesce del giorno: come lo scegliamo (e perché cambia)

Cari amici locandieri,

vi svelo un segreto: il pesce del giorno non è solo una questione di gusto, è una questione di storia, tradizione e… rispetto per il mare. Io sono Monica, questa è la Taverna Ferretti di Silvi Paese, e se dovessi raccontarvi com’è cominciata questa passione, vi parlerei di mio padre. Fin da quando ero bambina, lo vedevo al porto, parlare con i pescatori locali, guardare le cassette e scegliere soltanto quello che si muoveva ancora. Il pesce per noi non è un prodotto, è un incontro quotidiano con il mare.

Il pesce azzurro e i trabocchi: un legame che viene da lontano

In Abruzzo, la pesca in Adriatico è una questione davvero antica. Pensate ai trabocchi, quelle incredibili piattaforme di legno sporgenti sul mare: una “macchina da pesca” nata tra il XV e il XVIII secolo, che permetteva alle famiglie costiere di pescare senza uscire in barca, calando reti con lunghi bracci di legno di pino d’Aleppo, resistente e robusto, esattamente come testimonia D’Annunzio coi suoi “ragni colossali”.

Un sistema ingegnoso che parla della nostra gente: chi si adattava al mare, non lo sfidava.

Quando il fermo pesca cadde (oltre che a livello regionale) anche sulle coste centrali dell’Adriatico, molti ristoratori restarono a bocca asciutta: il ritorno dei pescherecci abruzzesi portò subito il pesce fresco sulle tavole, garantendo qualità a chilometro zero. Ed è esattamente quello che cerco: non pescare a comando, ma pescare quando il mare decide di offrire.

Come scegliamo il pesce del giorno

Ogni mattina, intorno all’alba, scendo al porto con mio padre: guardiamo le casse, sentiamo l’odore, controlliamo i carni freschi e i grandi occhi lucidi. Ci fidiamo del gesto del pescatore: un colpo di mano, una richiesta di prezzo, uno sguardo. Se il pesce è buono, entra nel menù. Punto.

Ecco perché il piatto del giorno cambia: il mare non è una tavola immobile, ma un libro che si scrive ogni giorno. Dai piccoli sgombri e le triglie azzurre e sapide, ai polpi appena pescati, fino ai pescati più nobili che raramente arrivano – per quelli, alle volte, serve solo un’occhiata e un bisbiglio tra noi.

Una storia vera come il mare: Nicola e la rete spezzata

C’è una cosa che chi lavora sul mare ti dice subito: l’Adriatico non è solo azzurro, è anche capriccioso. Prendete Nicola, uno dei pescatori che ancora oggi ci fornisce il pesce. È un uomo silenzioso, la faccia cotta dal sole e le mani sempre umide di salsedine. La sua barca, una piccola lampara in legno, esce la notte e torna prima dell’alba. Una mattina di giugno, qualche anno fa, è rientrato al porto con la rete strappata, la barca mezza vuota, gli occhi stanchi. “Oggi il mare ha deciso così”, ha detto a mio padre. Nessuna polemica, nessun lamento. Solo una constatazione, come se il mare fosse un parente anziano con cui si convive: a volte è generoso, altre ti insegna l’umiltà.

Ma quello stesso giorno, nella poca pesca rimasta, c’erano tre rombi perfetti e dieci triglie grosse come una mano aperta. Le abbiamo portate in cucina, senza nemmeno cambiarle troppo: un po’ di limone, sale, olio buono. I clienti, quella sera, hanno chiesto tutti il bis. Non per la quantità, ma per la qualità. Il mare dà meno, ma dà meglio — se lo sai ascoltare.

Perché il pesce del giorno cambia (ed è giusto così)

Ecco perché non troverai mai un menù fisso di mare alla Taverna Ferretti. Perché il mare non fa contratti, non rispetta orari, e non ti dice prima cosa porterà. A volte ci sorprende con i cefali, a volte con i calamari. A volte non porta niente, e allora ripeschiamo ricette della terra. Ma quando arriva, arriva vero.

Ci fidiamo dei nostri fornitori perché li conosciamo da sempre. Alcuni sono figli dei pescatori che servivano mio padre, e prima ancora mio nonno. Ci dicono cosa hanno tirato su, come e dove. Non chiediamo liste esotiche né filetti congelati da lontano: vogliamo quello che galleggiava nell’Adriatico poche ore prima di arrivare in padella.

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